Il procuratore di Milano Paolo Storari ha richiesto l'amministrazione giudiziaria di Tod's per presunta agevolazione colposa di caporalato in laboratori cinesi subfornitori. La misura di prevenzione viene considerata necessaria per interrompere lo sfruttamento di lavoratori stranieri sottopagati e costretti a lavorare in condizioni precarie.
La competenza territoriale del caso è però in disputa tra i tribunali di Milano e Ancona. Entrambi i gradi di giudizio milanesi hanno dichiarato di non essere competenti, sostenendo che spetti alla magistratura marchigiana decidere dato che i fatti si sono verificati nelle Marche e Tod's ha sede legale a Sant'Elpidio a Mare.
Le accuse di caporalato
Le violazioni contestate riguardano quattro opifici cinesi: Wang Junii a Monte San Giusto e Lucy srls a Torre San Patrizio nelle Marche, oltre a Zen confezioni a Baranzate e l'impresa Li Quingdong nell'area milanese. Secondo l'inchiesta, i lavoratori venivano pagati tra 4,5 e 4,8 euro l'ora, meno della metà del contratto previsto, e costretti a turni notturni in ambienti malsani con macchinari privi di dispositivi di sicurezza.
I giudici milanesi hanno distinto tra prodotti destinati alla vendita al pubblico, come le tomaie delle calzature Tod's lavorate negli opifici marchigiani, e quelli per uso interno come le divise dei commessi confezionate nei laboratori dell'area milanese. Per i primi il controllo aziendale deve essere «più capillare» mentre per i secondi Tod's viene considerata un semplice cliente.
La posizione di Tod's
Tod's ha confermato di aver ricevuto la notifica dell'udienza ma precisa di non avere altre informazioni sul merito delle contestazioni. L'azienda del gruppo Della Valle assicura di operare sempre nel rispetto delle leggi sul lavoro e di fare controlli costanti sui fornitori, che firmano accordi per rispettare le condizioni previste dai contratti nazionali.
La Cassazione deciderà il 19 novembre quale autorità giudiziaria dovrà valutare il caso, come riporta Ansa. Il procuratore Storari contesta la distinzione fatta dai tribunali milanesi e definisce «incomprensibile» la differenziazione tra prodotti per la vendita e uso interno, sostenendo che introdurrebbe una distinzione tra «caporalato consentito e non consentito».
Fonti utilizzate: "Corriere", "Ansa", "Il Messaggero"
Nota: Questo articolo è stato modificato con l'aiuto dell'Intelligenza Artificiale.