Una scoperta rivoluzionaria apre nuove prospettive nella lotta contro i tumori più aggressivi. I ricercatori hanno identificato un "punto debole" genetico che potrebbe trasformare l'approccio terapeutico per molti pazienti.
"Questa ricerca offre un nuovo modo di affrontare un problema che ha resistito a lungo agli approcci convenzionali, con il potenziale di aiutare un gruppo molto più ampio di pazienti", spiegano gli scienziati del Walter and Eliza Hall Institute (WEHI).
Proteina chiave rallenta crescita tumorale
Lo studio, condotto utilizzando modelli di pesce zebra e topo insieme a cellule di cancro al polmone umano, rappresenta la prima dimostrazione dell'impatto dell'inibizione dello splicing minore nei modelli in vivo di tumori solidi. La ricerca ha scoperto che ridurre l'attività di una proteina codificata dal gene RNPC3 rallenta significativamente la crescita tumorale.
Il gene RNPC3 è un componente essenziale del meccanismo di splicing minore e la sua inibizione ha mostrato effetti promettenti sui tumori del fegato, dei polmoni e dello stomaco. "Solo dimezzando la quantità di questa proteina, siamo riusciti a ridurre significativamente il carico tumorale", ha affermato Karen Doggett, prima autrice dello studio.
Risultati sorprendenti contro tumori resistenti
"È un risultato sorprendente, soprattutto se si considera quanto siano solitamente resilienti questi tumori", ha aggiunto Doggett. Lo studio ha inoltre rivelato che l'interruzione dello splicing minore attiva il pathway del soppressore tumorale p53, un meccanismo di difesa fondamentale nella lotta dell'organismo contro il cancro.
La proteina p53, soprannominata "guardiana del genoma", risponde ai danni al DNA bloccando la divisione cellulare, avviando la riparazione del DNA o innescando la morte cellulare. Questo pathway è spesso mutato o disattivato in molti tumori, consentendo a queste cellule di crescere incontrollate.
Meccanismo difensivo attivato contro cancro
"Il blocco dello splicing minore provoca danni al DNA e attiva questa risposta difensiva critica, il che significa che i tumori con un percorso p53 funzionale sono probabilmente particolarmente vulnerabili a questa strategia", ha spiegato Doggett. Questo approccio apre le porte a trattamenti potenzialmente più efficaci e meno tossici.
La scoperta offre speranza ai pazienti affetti da tumori aggressivi che attualmente hanno opzioni limitate. Per ricercare composti che potessero inibire lo splicing minore, il team si è rivolto al National Drug Discovery Centre con sede al WEHI, esaminando oltre 270.000 molecole simili a farmaci.
Sviluppo farmacologico in corso
I ricercatori hanno individuato diversi risultati promettenti durante lo screening delle molecole. "Abbiamo convalidato lo splicing minore come un interessante obiettivo terapeutico: ora la sfida è sviluppare un composto farmacologico in grado di inibirlo in modo sicuro ed efficace", ha affermato Heath, uno dei ricercatori coinvolti.
La ricerca dimostra la potenza della collaborazione tra più laboratori e tecnologie, basandosi sulla profonda competenza del WEHI nella scoperta dei geni e nella biologia del cancro. "Uno dei punti di forza di questo studio è l'ampiezza dei modelli e dei tipi di tumore che abbiamo utilizzato", ha sottolineato Heath.
Approccio diversificato garantisce applicabilità
I ricercatori non hanno testato solo un tipo di cancro o utilizzato un unico metodo di analisi. "Questa diversità nel nostro approccio ci dà la certezza che la nostra strategia possa essere applicabile a molte forme di cancro, e non solo a un insieme ristretto di patologie", ha concluso Heath.
La scoperta rappresenta un passo significativo verso lo sviluppo di nuove terapie per tumori che fino ad oggi hanno mostrato resistenza ai trattamenti convenzionali.
Fonte AGI (www.agi.it)
Nota: questo articolo è stato rielaborato da UPDAY con l'ausilio dell'intelligenza artificiale.