Jamal Badah si trova ancora su una barella sgangherata dell'ospedale Nasser di Khan Younis, il volto segnato dalle esplosioni. Il fotografo di Palestine Today è uno dei tre sopravvissuti all'attacco israeliano di lunedì che ha ucciso 20 persone, tra cui cinque giornalisti. «Quando mi sono ripreso, tutti intorno a me erano morti», racconta in videochiamata.
L'attacco secondo il Corriere della Sera avrebbe seguito il pattern del "doppio colpo": dopo il primo bombardamento alle 10:15, i giornalisti sono corsi sulle scale per documentare quanto accaduto. «Volevamo essere i primi a raccontare la verità», spiega Badah. Mentre filmavano il trasporto della salma del collega Hossam Al-Masri di Reuters, è arrivato il secondo attacco diretto contro di loro.
La testimonianza del sopravvissuto
«È stato come se il mondo si fosse oscurato», ricorda il fotografo. «Ho riaperto gli occhi e ho visto che tutti intorno a me erano morti, pezzi dei loro corpi erano sul mio». È rimasto bloccato sotto le macerie per dieci minuti prima che i soccorritori riuscissero a estrarlo.
Come riporta Sky TG24, tra i cinque giornalisti uccisi ci sarebbero Moaz Abu Taha di Al Jazeera, Mohammed Salama, Mariam Abu Dagga e Ahmed Abu Aziz. Badah descrive scene traumatiche: «Rivedo Muaz Abu Taha senza testa. O Mohammed Salama tranciato a metà».
Le versioni contrapposte sull'attacco
L'esercito israeliano secondo Sky TG24 sostiene che tra le vittime ci sarebbero sei terroristi, incluso uno coinvolto negli attacchi del 7 ottobre. Hamas, come riporta La Repubblica, respinge queste affermazioni definendo tutte le vittime come civili.
«Noi giornalisti siamo civili», ribatte Badah. «Non abbiamo fucili, né apparteniamo a nessun gruppo armato. Siamo solo cronisti». Il fotografo accusa Israele di voler «coprire i nostri obiettivi» e di detestare «che la verità venga vista».
Il controverso doppio attacco
La tattica del doppio colpo secondo Sky TG24 potrebbe costituire un crimine di guerra, poiché prende di mira deliberatamente i soccorritori. «Nessuno pensava di essere in pericolo: il raid sembrava finito», spiega Badah. «È chiaro che se colpisci due volte uccidi noi, gli uomini delle ambulanze, i soccorritori, i medici».
Nonostante il trauma fisico e psicologico, il fotografo promette di tornare al lavoro. «Non ci fermeremo», dichiara. «Continueremo a portare il nostro messaggio al mondo. Speriamo che la giustizia arrivi».
Fonti utilizzate: "Palestine Today", "Corriere della Sera", "Sky TG24", "La Repubblica"
Nota: Questo articolo è stato modificato con l'aiuto dell'Intelligenza Artificiale.