I ricercatori hanno sviluppato una terapia genica rivoluzionaria che potrebbe proteggere i neonati dall'HIV attraverso una singola iniezione alla nascita. Il trattamento trasforma le cellule muscolari in "microfabbriche" che producono anticorpi protettivi per tutta la vita.
Per somministrare il trattamento, gli scienziati hanno utilizzato un virus adeno-associato (AAV), un virus innocuo che funge da vettore per trasportare il codice genetico alle cellule. Il virus viene inviato alle cellule muscolari, uniche per la loro longevità, e trasmette istruzioni per produrre anticorpi ampiamente neutralizzanti.
Cellule muscolari diventano microfabbriche
Questi anticorpi, chiamati bNAb, sono in grado di neutralizzare diversi ceppi di HIV. L'approccio risolve un problema di lunga data con i bNAb, che in studi precedenti si erano dimostrati efficaci ma richiedevano infusioni ripetute, costose e logisticamente complesse.
"Trasformiamo queste cellule muscolari, che sono longeve, in microfabbriche che continuano a produrre questi anticorpi", ha spiegato il ricercatore Ardeshir. I neonati hanno mostrato una maggiore tolleranza ed espresso alti livelli di bNAb.
Protezione efficace durante allattamento
Gli anticorpi hanno prevenuto con successo l'infezione durante l'allattamento al seno simulato e le successive esposizioni che simulavano la trasmissione sessuale. I neonati più grandi e i giovani avevano maggiori probabilità di aver prodotto anticorpi anti-farmaco che bloccavano il trattamento.
I ricercatori hanno scoperto che esporre i feti agli anticorpi prima della nascita aiutava i neonati più grandi ad accettare la terapia genica in seguito. Questo evita il rigetto immunitario che spesso si verifica con l'età.
Soluzione più conveniente alla nascita
Ardeshir ha affermato che un'iniezione una tantum al momento del parto rappresenta una soluzione più conveniente e fattibile nella vita reale. Il trattamento riduce anche l'onere per la madre dovuto alle visite di controllo.
Restano dubbi su come i risultati si applichino ai neonati e ai bambini, che potrebbero essere meno sensibili ai trattamenti con AAV. Lo studio ha utilizzato un ceppo del virus dell'immunodeficienza simian-umana, che non riflette la varietà dei ceppi di HIV.
Potenziale impatto in Africa subsahariana
Se avesse successo, questo trattamento potrebbe ridurre drasticamente i tassi di trasmissione dell'HIV da madre a figlio in regioni ad alto rischio come l'Africa subsahariana. In questa area si riscontra il 90% dei casi pediatrici di HIV.
Il trattamento potrebbe anche essere adattato per proteggere da altre malattie infettive come la malaria, che colpisce in modo sproporzionato i bambini piccoli nei paesi a basso reddito. "Niente di simile era possibile nemmeno dieci anni fa", ha detto Ardeshir: "È stato un risultato enorme, e ora abbiamo tutti gli ingredienti per affrontare la lotta all'HIV".
Fonte AGI (www.agi.it) Nota: questo articolo è stato rielaborato da UPDAY con l'ausilio dell'intelligenza artificiale.