Il tribunale di Palermo ha inflitto complessivamente 130 anni di carcere agli appartenenti al mandamento mafioso di Trabia. La sentenza colpisce una delle cosche più attive della provincia palermitana, responsabile di estorsioni e intimidazioni sistematiche.
Il Gup Carmen Salustro ha emesso la sentenza con rito abbreviato nei confronti di 22 imputati. Sedici le condanne, sei le assoluzioni per i membri dell'organizzazione che controllava diversi comuni del Palermitano.
Territorio sotto controllo mafioso
Il mandamento di Trabia estendeva la sua influenza su una vasta area della provincia di Palermo. Oltre al comune principale, la cosca controllava Altavilla Milicia, Caccamo, Cerda, Sciara e Vicari attraverso un sistema di estorsioni capillare.
I pm Bruno Brucoli e Eugenio Faletra hanno ricostruito anni di attività criminale del racket del pizzo. Le accuse comprendevano estorsioni, danneggiamenti, incendi dolosi e minacce sistematiche contro imprenditori e commercianti della zona.
Pene severe per i capi
Luigi Antonio Piraino ha ricevuto la condanna più pesante con 15 anni e sei mesi di reclusione. Seguono Carmelo Umina con 14 anni e Biagio Esposto Sumadele con 13 anni, quest'ultimo in continuazione con una precedente sentenza.
Condanne a 12 anni ciascuno per Gandolfo Maria Interbartolo, Mario Salvatore Monastero e Calogero Sinagra. Pene minori per gli altri membri dell'organizzazione, con Francesco Sampognaro che ha ricevuto la condanna più lieve di sei mesi.
Risarcimenti alle parti civili
Il tribunale ha accolto le richieste di risarcimento delle associazioni antimafia costituitesi parte civile. Tra queste figurano Addiopizzo, il Fai, la Federazione antiracket e il Centro Pio La Torre.
Anche Confesercenti, Sos Impresa, la Rete e lo Sportello per la legalità otterranno i risarcimenti. Particolare attenzione per un imprenditore di Trabia, vittima di un grave attentato incendiario e assistito da Addiopizzo.
Sei assoluzioni
Il processo si è concluso con l'assoluzione di sei imputati. Gaetano Pravata', Ignazio Saccio, Giuseppe Lo Bianco, Tommaso Consiglio, Pietro Agnello e Nunzia Maria Loreta La Barbera sono stati prosciolti dalle accuse.
La sentenza rappresenta un colpo significativo alla presenza mafiosa nel territorio del Palermitano. L'operazione dimostra l'efficacia dell'azione coordinata tra magistratura e associazioni antimafia nel contrasto al racket delle estorsioni.
Fonte AGI (www.agi.it)
Nota: questo articolo è stato rielaborato da UPDAY con l'ausilio dell'intelligenza artificiale.