Mahmoud Khalil, uno dei leader delle proteste pro-palestinesi nei campus universitari americani, ha intentato una causa da 20 milioni di dollari contro l'amministrazione Trump. L'attivista contesta il suo arresto e la detenzione da parte degli agenti dell'immigrazione.
Khalil è residente permanente legale negli Stati Uniti, sposato con un'americana e padre di un figlio nato negli Usa. È stato arrestato a marzo e liberato su cauzione da un centro di detenzione federale per immigrati in Louisiana il mese scorso.
Accuse di ritorsione politica
Il Center for Constitutional Rights ha presentato la denuncia spiegando che "l'amministrazione ha attuato il suo piano illegale di arrestare, detenere ed espellere il signor Khalil in modo calcolato per terrorizzare lui e la sua famiglia". L'attivista ha subito "grave disagio emotivo, difficoltà economiche e danni alla sua reputazione".
"Niente può restituirmi i 104 giorni che mi sono stati rubati", ha raccontato Khalil. "Il trauma, la separazione da mia moglie, la nascita del mio primo figlio alla quale non ho potuto assistere", ha denunciato parlando di "ritorsione politica e abuso di potere".
Minaccia alla sicurezza nazionale
Laureato della Columbia University, Khalil è diventato un personaggio di spicco delle proteste studentesche contro la guerra di Israele a Gaza. L'amministrazione Trump lo ha definito una minaccia per la sicurezza nazionale.
Le autorità hanno giustificato la richiesta della sua espulsione affermando che la sua presenza negli Stati Uniti comporterebbe "potenziali gravi conseguenze negative in politica estera". La causa legale rappresenta un caso emblematico delle tensioni tra attivismo pro-palestinese e politiche migratorie dell'amministrazione.
(AGI) www.agi.it Nota: Questo articolo è stato modificato con l'aiuto dell'Intelligenza Artificiale.