I sindacati di base italiani hanno proclamato uno sciopero generale per il 28 novembre. La mobilitazione si rivolge contro la politica di austerità del governo Meloni, il riarmo della NATO e in sostegno alla Palestina. L'iniziativa rappresenta una risposta a una polemica diffusa che chiedeva di concentrarsi sui problemi nazionali invece che sulla questione palestinese.
Lo sciopero si inserisce nel contesto della nuova legge finanziaria del governo, definita dai sindacati come "la prima finanziaria di guerra euroatlantica". La manovra prevede il rispetto del patto di stabilità europeo con un deficit pubblico sotto il 3%, mentre le nuove regole UE permettono ai paesi virtuosi di escludere gli investimenti militari dal calcolo del deficit. Questo potrebbe consentire una spesa del 5% per la NATO mantenendo il limite del 3% sul deficit.
Le conseguenze dell'austerità
Dal 2011, quando il governo Monti decise la più brutale austerità di bilancio, sono stati tagliati quasi 1000 miliardi di euro di spesa pubblica per pagare gli interessi sul debito. Nonostante questi tagli, il debito pubblico è aumentato. Il ministro Giorgetti ha ricordato che l'Italia ha aderito al nuovo patto di stabilità, che richiede un ritorno all'«attivo primario» del bilancio.
Le conseguenze includono la distruzione dei servizi pubblici e del welfare sociale, il crollo del potere d'acquisto e un'emigrazione di massa. I sindacati criticano il fatto che Meloni e Salvini, un tempo oppositori delle imposizioni europee, siano ora diventati esecutori servili di queste politiche.
Le richieste dello sciopero
Lo sciopero rivendica azione per la Palestina, contro la guerra, per la sanità pubblica e per un salario minimo mensile di 2000 euro. La mobilitazione riprende lo spirito dell'appello «blocchiamo tutto» lanciato dai portuali di Genova. L'obiettivo è rovesciare completamente le politiche di austerità e di guerra.
Nota: Questo articolo è stato creato con l'Intelligenza Artificiale (IA).






